N. 170 -
febbraio 2024
Approfondimenti
LA VIOLENZA DI GENERE E QUELLA ANTROPOLOGICA
Il fenomeno dei delitti contro le donne, che comprende stalking, violenze domestiche, violenze sessuali, lesioni gravi e omicidi, noti anche come "femminicidi", è diventato purtroppo sempre più comune nelle cronache italiane. Questo problema colpisce donne di tutte le età e estrazioni sociali, suggerendo che sia endemico nella società contemporanea. Tale situazione porta molti a riflettere non solo sul dato criminale in sé, ma anche su implicazioni più profonde a livello sociale e antropologico.
La studiosa Rosalind Miles, nel suo saggio "Chi ha cucinato l'ultima cena? Storia femminile del mondo", prende in considerazione la tesi, supportata anche da Marilyn French, secondo cui le prime società umane sarebbero state matriarcali, concedendo alle donne un accesso al potere e una libertà che sarebbero poi stati soppiantati dall'ascesa del patriarcato.
L'aforisma "In principio fu la Madre", ispirato dalle opere di French, si oppone al tradizionale "In principio era il Verbo" sottolinea il ruolo delle donne nella storia e riscrive una narrazione deformata dalla predominanza maschile e dalla violenza di genere.
Tuttavia, l'analisi delle narrazioni dell'inizio, presenti in diverse civiltà, suggerisce che la lotta tra uomo e donna è sempre esistita, con un cambiamento solo nel dominio. Questo implica che la storia è intrinsecamente una guerra dove ognuno è contro l'altro e prevalgono i più forti. In questo contesto, l'io e il tu sono nemici "per principio", implicando una condizione di conflitto permanente.
La guerra tra i sessi sembra riflettere, nel contesto privato, le tensioni presenti nella società, simili alla lotta di classe o alle proteste come quelle del movimento Black Lives Matter. Questa lotta perpetua è un elemento costante nella struttura della nostra esistenza, riportando continuamente alla luce la contrapposizione fondamentale del nostro modo di vivere.
Anche le narrazioni bibliche, comunemente interpretate come racconti del "peccato originale", riflettono la realtà della nostra esistenza attuale.
Ad esempio, la storia di Caino e Abele, simile a racconti mitologici come quello di Romolo e Remo, illustra la frattura nella fratellanza umana, in cui i fratelli si combattono l'uno contro l'altro. Il fatto che il fondatore di una città, che rappresenta la convivenza stessa, sia un omicida come Caino o Romolo, suggerisce che la nostra convivenza è segnata dall'esclusione dell'altro, metaforicamente descritta come omicidio. Questa realtà tragica è espressa attraverso il linguaggio del mito, che utilizza la metafora anziché l'analisi scientifica o logica. In questo contesto, secondo Aristotele, la ricerca della verità può avvenire sia attraverso l'amore per il mito e il suo linguaggio, sia attraverso la scienza e la logica.
Il processo di dare un senso alla propria storia e pacificarsi con essa è spesso complesso e richiede sforzo, ma porta alla scoperta della nostra umanità finita e reale, inclusi il nostro corpo e la nostra storia. Questo implica un passaggio dalla logica infantile del principio del piacere, in cui la realtà è determinata dai nostri desideri, al principio del reale, in cui il mondo ha un significato proprio e indipendente da noi. Tuttavia, molti restano intrappolati nei loro deliri e operano violenza, anche di genere, a causa di questa mancata comprensione della realtà.
Lo stesso principio si applica all'affettività e alla sessualità: vivere in modo sano e pieno richiede un processo di apprendimento per distinguere le emozioni autentiche dalla falsità delle rappresentazioni della realtà. Il sesso, infatti, è una dimensione profondamente umana che richiede comprensione e ragione. Analogamente, imparare a dare significato al dolore, alla morte e alla propria storia personale e familiare è un processo di abitazione di queste esperienze nel mezzo di molteplici significati possibili.
La libertà umana è caratterizzata dai suoi limiti intrinseci. Costruiamo la nostra coscienza su un sé dato e non arbitrario. L'autonomia, e quindi la libertà, si realizza solo quando accettiamo e interiorizziamo i limiti inscritti nella nostra esistenza. L'apprendimento dei limiti è fondamentale per l'istituzione della libertà e per uscire dalla violenza.
Ricostruire un'alleanza, spezzata dalla storia segnata dalla guerra e narrata nel mito originario, implica il recupero di un terzo elemento che stabilisca e garantisca questa relazione: la parola della legge, un pilastro della nostra cultura e della nostra eredità occidentale. È la legge e il giudice, come terzi rispetto alle parti in conflitto, che possono rendere diritta una relazione distorta dagli interessi contrapposti e dalle prospettive divergenti. Nella parabola del "figliol prodigo", i due fratelli litigano e non riescono a ristabilire una relazione armonica perché non comprendono il ruolo del padre, confondendolo rispettivamente con il denaro e con il padrone. È ancora una volta una questione di parola e di linguaggio. Il racconto rimane aperto, senza un finale definitivo o una riconciliazione esplicita, ma la possibilità di riconciliazione resta implicita.
L'uguaglianza, come sottolineato da san Paolo, è la traduzione giuridica dell'unità in Cristo, che va oltre le differenze di genere, etnia o condizione sociale. Questa idea rappresentava una sfida radicale alle profonde disuguaglianze della società antica, in cui il potere politico era nelle mani di un ristretto gruppo di uomini possidenti. Il cristianesimo ha agito come lievito nella società, trasformandola e portando un nuovo concetto di libertà, dove tutti sono degni di essere salvati dal sacrificio di Cristo, indipendentemente dalla loro condizione.
In conclusione, il diritto è certamente un importante strumento sociale, ma da solo non è sufficiente a risolvere la violenza e le disuguaglianze presenti nella nostra società. Cadere nell'illusione che l'educazione, le riforme o gli interventi di un potere illuminato possano eliminare la violenza è simile all'errore di Rousseau, che suggeriva che l'uomo potesse redimersi da solo senza bisogno di un Redentore esterno.
La violenza nelle nostre relazioni, i "rapporti tossici" e le distorsioni causate da una mentalità che sfrutta il corpo della donna richiedono interventi su molti fronti. Tuttavia, solo attraverso la Parola, intesa come alleanza tra Dio e l'uomo e incarnata nella relazione tra uomini e donne come pari in dignità, possiamo sperare di ricostruire un'alleanza che sembra sempre più indispensabile. Questo ci riporta al paradiso perduto, alla relazione originaria tra uomo e donna, che è stata oscurata dalla storia.
I "racconti del peccato originale" nella Bibbia seguono quelli di una creazione originaria in cui tutto era perfetto, un paradiso mai sperimentato storicamente ma ora riaperto. Il nostro presente è segnato dalla guerra e da relazioni spezzate, deformate dalla violenza che risiede nei nostri cuori.
Anche l'amore, come ogni aspetto dell'esperienza umana, ha bisogno di essere redento.