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N. 154 - settembre 2022
A proposito di

LA PREVENZIONE INUTILE

L ’educazione preventiva nel campo delle dipendenze  è stata intesa per lungo tempo come intervento occasionale ed estemporaneo, circoscritto prevalentemente alle scuole superiori e spesso generato da accadimenti specifici.

A questo tipo di iniziative vanno aggiunte anche quelle di molte scuole che, con minore allarmismo ma non minore improvvisazione, giudicano utile imbastire qualche lezione una tantum sulla droga, o nell’ipotesi migliore sulle dipendenze, in ossequio alle mode culturali del momento ed alle vaghe raccomandazioni ministeriali, tutti interventi che alla fine si configurano come semplici riti esorcistici in grado soprattutto di tranquillizzare le coscienze degli educatori.

La scuola, insomma, da un lato sembra puntare a spaventare i ragazzi perché si tengano alla larga da queste “cose orribili”, dall'altro a ridurre qualsiasi esigenza educativa entro i limiti, talvolta angusti, della lezione, intesa nella sua accezione più banale di mera informazione nozionistica.

Ciò che viene giudicato importante pare essere esclusivamente la necessità che non venga intaccato il modello educativo rassicurante (per i docenti) fondato sulla relazione asimmetrica fra chi sa e dà e chi non sa e non ha.

Altrettanto spesso  ci si trova peraltro a far fronte anche al retaggio di un modello tipicamente scolastico di frammentazione del sapere, in cui gli interventi educativi spesso risultano intempestivi ed inefficaci. Intempestivi proprio perché rivolti più spesso ad una fascia d'età (quella della scuola superiore) per la quale il ritardo accumulato è ormai eccessivo, inefficaci perché sganciati da qualsiasi progetto educativo globale che abbracci più compiutamente il problema della maturazione individuale e sociale del giovane.