N. 169 -
gennaio 2024
Letto per voi
SAPERE E' POTERE da Arisotele a Chapt GPT Percchè il futuro dipende dalla nostra formazione
Gli autori
Claudio Ubaldo classe 1976, monaco camaldolese, è bibliotecario e archivista presso la Comunità Monastica di Camaldoli e professore di teologia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma.
Cortoni Davide Dattoli classe 1990, è il fondatore di Talent Garden, la più grande scuola di formazione e networking in Europa, nominato da “Forbes” tra i trenta under 30 più influenti nel settore Technology a livello europeo e da “Wired” uno dei top 5 innovatori in Italia. Angel Investor in varie startup a livello europeo e keynote speaker in molti eventi internazio-nali. Consigliere di amministrazione di Fondazione Telethon e altre grandi imprese.
Sintesi
La tecnologia sta cambiando il mondo a una velocità inedita e questo crea spaesamento tra i giovani che non possono più contare sull’esperienza dei genitori e devono costruire da soli il proprio futuro, mentre le altre generazioni vedono venir meno quelle certezze che avevano sempre considerato indiscutibili. L’unica risposta possibile è non aspettare, farsi trovare preparati. Un costante investimento su se stessi è lo strumento per mettere al sicuro il proprio futuro e garantirsi il successo nel mondo che verrà.
La formazione è l’unica bussola capace di condurci attraverso le incertezze, l’unico investimento per costruire il nostro futuro. Davide Dattoli, un imprenditore della formazione digitale, e Claudio Ubaldo Cortoni, un monaco bibliotecario eremita, conducono il lettore in un viaggio attraverso nove percorsi di formazione che hanno caratterizzato il passato dell’essere umano e ancora sono attualissimi: per acquisire il sapere e giungere alla realizzazione di sé.
La rivoluzione digitale pone questioni vecchie e nuove, ma anche nuove opportunità che possono essere riassunte con la parola «formazione».
Alcune caratteristiche fondamentali della rivoluzione digitale, che si ripropongono costantemente.
Una di esse è la precarietà. La pretesa di una conoscenza definitiva è una contraddizione in termini, perché riguarda la vita, e la vita è sempre mutevole. La storia mostra che quando ci si culla in una situazione di comfort e stabilità, inizia il declino, perché non si nota che lo scenario cambia: così è stato per la Repubblica di Venezia dopo la scoperta dell’America; così è stato per l’Olivetti dopo l’avvento dei computer. Non si può mai pretendere di aver raggiunto l’obiettivo. Lo ha ben capito Jeff Bezos, il fondatore di Amazon: «Il day 2 è la stasi. Seguita dall’irrilevanza. Seguita da un inesorabile, doloroso declino. Seguito dalla morte. Ecco perché per noi sarà sempre il Day 1» (p. 123).
Il caso di Olivetti mostra un’altra regola fondamentale: egli era un genio che avvertì l’importanza dell’informatica, ma non trovò chi volesse collaborare con lui. Un ambiente stimolante e il confronto mantengono al passo con i tempi, e consentono di dare il meglio perché, come nel gioco del calcio, è la squadra e non il singolo a vincere. Ciò richiede alcune abilità di base, come la flessibilità e la messa in conto dell’errore. Solo chi sbaglia impara, ma a patto che non consideri l’errore un impedimento, bensì la modalità con la quale ci si perfeziona.
La storia delle scoperte lo ricorda in continuazione, e questo è ancora più evidente ai giorni nostri: sembra che il 90% delle startup progettate fallisca, e il 70% del rimanente scompaia nel giro di 5 anni. Ma chi ha passione per ciò che fa non abbandona l’impresa; al contrario, cerca di scoprire, alla luce delle risposte ottenute, come essa potrebbe essere migliorata.
Lo hanno capito le grandi aziende: Google ha dato vita a un motore di ricerca che si è affermato in tutto il mondo, insieme ai suoi derivati (YouTube, Gmail), ma ha anche visto il fallimento di un numero notevole di prodotti, con costi rilevanti in termini di denaro, tempo ed energie. Li ha saputi però valorizzare, creando addirittura un sito che li ricomprende, «un modo per ricordare che senza quei tentativi non si sarebbe arrivati ai progetti riusciti» (p. 146). Nel percorso formativo, innovazione e fallimento procedono insieme.
Stare al passo con i tempi significa anche mettere in conto qualità e complessità crescenti. E quindi selezione. Molte aziende assumono un numero molto limitato di persone, sempre più specializzate e appassionate al proprio lavoro, e affidano i compiti di routine alla robotica. Questo comporterà in futuro una maniera molto diversa di concepire il lavoro, che non sarà più considerato un noioso obbligo necessario per vivere, ma l’espressione della creatività, delle capacità e del gusto di realizzare il frutto di ricerche e collaborazioni comuni. Questo però pone il grave problema di una crescente disparità economica, di standard di vita, insieme all’inevitabile dilagare della disoccupazione. Potrà infatti accedere alla migliore formazione chi ha le risorse per farlo, siano esse economiche e soprattutto intellettuali, per occupare posti sempre più limitati. Sembra ripresentarsi lo scenario del capitalismo delineato nel XIX secolo da Marx ed Engels.
Di fronte a questo grave dilemma, c’è da auspicarsi auspicano che la grande ricchezza prodotta non resti concentrata nelle mani di pochi, ma venga ridistribuita a beneficio di tutti. Tuttavia, senza la presenza di istituzioni libere dalla pressione delle grandi multinazionali, lo spettro inquietante del nuovo proletariato delineato da Marx tornerà ad aggirarsi, questa volta per il mondo intero.