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N. 158 - febbraio 2023
Conversando

POVERTA’ EDUCATIVA E DISCERNIMENTO

In un tempo in cui la cultura scientifica sembra aver conquistato il posto più importante nell’offerta scolastica e formativa, con un obiettivo spesso meramente utilitaristico, appare ancora più urgente avvicinare o riavvicinare i giovani alla cultura umanistica.
Un’attenzione indispensabile anche perché essi possano individuare quei criteri necessari per discernere ciò che è buono da ciò che è meno buono nella cultura in cui vivono; e per far emergere in loro quelle domande e quelle inquietudini fondamentali nel cammino di maturazione.

È di grande interesse il dibattito sul rapporto tra fede e ragione.

Alcuni lo qualificano come dialogo, altri lo promuovono a connubio necessario. In ogni caso, il tema è di decisiva importanza per chi  è impegnato nelle grandi sfide di transizione della nostra epoca che portano in dote una crescente domanda di “senso”, al limitare della delicata frontiera tra sapienza e scienza.

Il primo insegnamento ricevuto è che i “fini ultimi” sono fondamentali per orientare la quotidianità a tutti i livelli.  In effetti, i “fini ultimi” modificano alla “sorgente” il modo di pensare e vivere la visione che   sostiene, la scuola, la società,  l'impresa , le relazioni sociali, interne ed esterne.

I “fini ultimi” donano senso profondo ed autenticità vera al divenire incessante della vita e delle esperienze che le sono proprie. L'utilità individuale cede il passo all'utilità comune. Anzi, di più, all'utilità ultima. Ciò esige, però, che l'assoluto resti assoluto e che il relativo resti relativo. L'assoluto nulla toglie alla libertà individuale poiché liberamente lo si può accogliere o rifiutare. Ma se l'assoluto si relativizza cessa di essere assoluto, impoverendo tutto e tutti. Oggi vi è un costante tentativo di relativizzare l'assoluto.

Dell'assoluto si ha paura, lo si vive come limite ed imposizione, lo si contesta e lo si combatte in quanto tale.

Nel modello di dialogo tra fede e ragione proposto da Ratzinger, la fede è autosufficiente e vive di vita propria. La fede illumina. La ragione si sforza di comprendere poiché siamo “oltre”, ben “oltre”. “Oltre la mente” si potrebbe dire. Siamo all'incontro tra “l'io particolare” e “l'io assoluto”. Siamo all'incontro tra persone (l'Uomo e Cristo). Ed ogni “incontro” avviene solo per riconoscimento reciproco, un riconoscimento che a volte diventa innamoramento.

Papa Benedetto XVI, ha testimoniato fino all'ultimo questo suo convincimento, che si può condividere o non condividere, comprendere o non comprendere, ma che egli mai ha taciuto.

“Gesù ti amo” sono state le sue ultime parole che nella loro potenza e semplicità testimoniano, anche nell'ora finale, il bisogno di manifestare, esprimere e vivere il rapporto con una persona storica, o meglio ancora, tra persone storiche, legate dal vincolo dell'amore.

E poi ancora le conclusioni del suo testamento spirituale: “Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l'esegesi della Sacra Scrittura) dall'altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica.

È in queste certezze che trova fondamento l'eredità di Joseph Ratzinger e si incardina il costante, generoso ed originale sforzo di confronto aperto che egli ha continuamente posto in essere tra la natura escatologica, sapienziale e spirituale della “rivelazione” cristiana e le diverse ed interconnesse dimensioni in cui si sviluppa il cammino dell'umanità: culturale, scientifica, sociale, antropologica, ontologica.

Siamo pronti a questo nuovo modello di dialogo tra fede e ragione?

Nella prospettiva dell'innovazione armonica, che interpreta l'armonia come “canone” e “metodo”, come “obbedienza” e “relazione”, come “amore” ed “incontro”, questo itinerario è essenziale.

E caosinforma prova a dare il suo contributo.