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N. 151 - febbraio 2022
Approfondimenti

LA CULTURA ORGANIZZATIVA

 

C’è ' un'altra prospettiva, un altro modo di guardare all'organizzazione: è come quando l'oculista ci propone l'una dopo l'altra lenti di tipo diverso finché non gli diciamo "ecco, con questa vedo meglio".

Esplorare queste zone è un lavoro difficile per almeno due motivi:

1. essendo questi fenomeni per lo più inconsci e quindi indisponibili ad un'analisi razionale spesso si

finisce col girare a vuoto alla loro ricerca e può succedere che manchi persino la percezione dell'esistenza di un problema;

2. il loro carattere nascosto e sotterraneo è in larga misura il prodotto di una serie di difese organizzative

che dunque non possono essere affrontate senza suscitare grandi resistenze.

 

Un punto critico di una cultura organizzativa è la possibile chiusura dell'organizzazione in se stessa: significa fare riferimento solo ai propri valori interni e non essere inclini a modificarli, nonostante un loro cambiamento potrebbe magari condurre ad una crescita aziendale e giovare per il raggiungimento degli obiettivi.

Questo fattore può rendere difficoltoso anche scoprire probabili fonti di pericolo che si celano, ma che in questo modo non vengono alla luce.

In effetti, esiste un’ambivalenza della cultura, in quanto da una parte incentiva la coesione del gruppo di lavoro, che condivide valori e priorità, ma dall'altra può rischiare di portare un'organizzazione a non riconoscere né i propri limiti, né eventuali ostacoli e neppure opportunità che possono provenire dall'ambiente esterno.

La cultura è vista anche come uno strumento di controllo ed il management possiede la capacità di istituire culture aziendali, creando regole e infondendo valori; tuttavia questo argomento è ancora motivo di discussione perché questo requisito non è certo che porti un'azienda al successo.

Si delinea un tipo di controllo che si basa sull'interiorizzazione dei valori promossi, ma un'organizzazione non può eliminare la personalità di ognuno: da questo emerge il concetto del lato oscuro di una cultura organizzativa, perché sono presenti in essa azioni di manipolazione ed ambivalenza, facendo riferimento ad una serie di comportamenti individuali ed organizzativi prodotti dai processi organizzativi.

In effetti la "cultura di un'organizzazione" è come un'architettura a tre livelli, da quello più visibile (le strutture e i processi organizzativi evidenti) a quello intermedio (i"valori dichiarati", le strategie, obiettivi, filosofie) fino al livello più profondo e nascosto (gli "assunti taciti condivisi", che includono le convinzioni e le percezioni inconsce, i sentimenti e le fantasie). E' facile descrivere un'organizzazione al livello di ciò che è più visibile, di "ciò che si vede, si ascolta e si prova" muovendosi al suo interno, ma il quadro istituzionale che ne emerge, ancorché chiaro, resta probabilmente indecifrabile, nel senso che non permette di coglierne il significato, di capire il perché le cose stiano così, come si sia arrivati a costruirle e che cosa realmente le persone pensino della propria organizzazione.

La cultura organizzativa

È  certamente costituita da quel complesso di modelli, procedure, norme esplicite, rituali, simboli, valori dichiarati e climi emotivi che ne rappresentano la "struttura emersa"; ma la vera fonte dei valori, dei significati e delle motivazioni che la sorreggono risiede piuttosto in quella parte sommersa abitata da tutto ciò che è implicito e scontato, non-detto o semplicemente inconscio, ovvero da miti, credenze e valori tacitamente condivisi, pregiudizi, fantasie, sentimenti, e in definitiva dalle ansie e dalle relative difese.

Esistono sempre due organizzazioni

Di fatto esistono sempre due organizzazioni, una visibile ed una nascosta: mentre quella visibile è razionale, coerente, orientata al compito, l'organizzazione nascosta è irrazionale ed orientata al soddisfacimento dei bisogni emotivi. I manager sono addestrati a gestire l'organizzazione "visibile", ma spesso i risultati di una politica o di una strategia sono maggiormente influenzati dall'"organizzazione nascosta", dal modo di pensare delle persone che devono realizzare gli obiettivi, dai loro timori, dalle loro fantasie, dai loro pregiudizi, dalle loro reazioni emotive.

Le resistenze

Un cambiamento unanimemente giudicato indispensabile può essere boicottato dalle resistenze delle persone che ne temono gli sviluppi; un'idea brillante può naufragare per l'invidia di chi non tollera l'altrui bravura; un errore di strategia può restare a lungo non riconosciuto perché i collaboratori hanno paura di farlo rilevare ai loro capi; un’associazione temporanea  frana perché gli uomini di un'impresa competono con quelli dell'altra in un momento in cui occorrerebbe invece collaborare.

Le cose troppo spesso non vanno come dovrebbero.

Il tessuto dell'organizzazione nascosta è - come è facile sperimentare - densamente impregnato di emozioni: ansie, rabbie, desideri, gelosie, timori, invidie e rivalità più o meno esplicitamente riconosciuti circolano in ogni settore organizzativo influenzando rapporti, decisioni, carriere, il benessere degli individui e la produttività del sistema.

Ma come affrontare le emozioni in un contesto culturale che è stato abituato a temerle o ad ignorarle? Le emozioni sono sentite come un corpo estraneo alla cultura aziendale quando non un vero e proprio elemento disturbante o una debolezza di carattere degli individui, e la riflessione è vista come un lusso o una perdita di tempo in contrasto con l'indifferibilità delle decisioni da prendere.

D'altra parte succede altrettanto spesso che i professionisti della psicologia mostrino insensibilità e snobismo verso le necessità legate al lavoro duro, al misurarsi con i risultati, alle asprezze della competizione e delle responsabilità gestionali.

La vera sfida

La sfida è proprio quella di integrare  la dimensione umana con quella tecnologica, le ragioni dei sentimenti con quelle dell'economia, lo spazio della riflessione con la necessità dell'azione. La cerniera di questo dialogo è collocata nell'assunto che l'efficienza e l'efficacia di un'organizzazione dipendano in misura variabile ma significativa dalla sua capacità di gestire e regolare l'ansia presente al proprio interno.