N. 145 -
giugno 2021
LA “CORDA” DELLA RELAZIONE
Rileggere e risignificare la propria vita nella creatività della relazione
Riproponiamo di seguito la cronaca di un evento formativo, riguardante proprio il tema della relazione.
Essa riporta le riflessioni offerte dal dott. Conte, Psichiatra, consulente del Centro l Tenda e di suor Elena Marchitelli,..
Invitati ad un seminario promosso dal Centro presso la Comunità Sorella Luna , nel dicembre di qualche anno fa, i due relatori hanno lasciato una traccia significativa di spunti e riflessioni rispetto alla funzione dell’operatore, inesorabilmente coinvolto nella relazione con l’utente.
Che cosa noi desideriamo? Tra tutte le cose enumerabili, sicuramente possiamo dire che ciascuno di noi desidera innanzitutto essere accolto e confortato. L’amico dunque sarebbe colui che come prima caratteristica ha la somiglianza con noi e che dunque ci comprende, ci accoglie, ci conforta in virtù di questo suo essere simile a noi.
Ma, quando noi amiamo nell’altro solo ciò che ci rassomiglia, non corriamo il rischio di fermarci, di limitarci ad un solo polo di quello che è un binomio più vero e reale? A ben pensarci, infatti, noi tutti abbiamo anche la possibilità di amare ciò che è diverso da noi; ciò che, in qualche modo, ci fa paura.
Ecco. La Comunità è il luogo -fisico, psicologico, spirituale- dove ci si può rifugiare per essere accolti e protetti ma anche per fare i conti con la propria ed altrui diversità, con la propria e altrui problematicità. Con il proprio lato oscuro, con ciò che di noi stessi ci spaventa e talvolta ci paralizza, bloccandoci nelle nostre nodosità, tra le spine del nostro sentiero di vita che da soli non riusciamo ad estirpare. La diversità dunque, che non sta solo fuori ma anche dentro di noi, e che dobbiamo imparare a comprendere.
Una diversità vista, vissuta, sofferta. Ovvio, perché la diversità fa soffrire e l’incontro con l’altro - lo straniero, il diverso, il disabile, il detenuto, il tossicodipendente - ci costringe a misurarci in un confronto che richiede il nostro coinvolgimento, la nostra messa in discussione e… ci arricchisce!
Ebbene, in questo quadro ecco che anche la metafora dell’albero, da sempre icona del Centro La Tenda, diventa il simbolo della nostra capacità trasformativa. Con le sue radici che affondano in quanto di più basso e repellente possa esserci al mondo, l’albero è l’esempio meraviglioso della potenzialità rigenerativa dell’umanità, poiché con l’apporto di elementi chimici portentosi, ridona vita a ciò che sembrava non poterne riavere.
Se noi possedessimo per incanto le corde adatte a risollevare il nostro prossimo da ogni caduta, saremmo nient’altro che dei bravi operatori di carità, fermi nel loro narcisismo e pronti solo a rimarcare le altrui fragilità. Ma nell’amicizia più autentica, e ancor più in ogni atto terapeutico, il rapporto non è così unilaterale, in quanto in esso interviene un elemento necessario e determinante: il rischio.
La corda tesa diventa allora come quella di un funambolo, che solo in due può essere tesa.
In questo lavoro non privo di vertiginosi movimenti tra le due persone in gioco, si oscilla da una parte e dall’altra, non senza paura, ma il confronto, per quanto doloroso, permette ad entrambi di procedere e di andare oltre.
Così, quasi in bilico su noi stessi, nella relazione terapeutica diventa possibile dare significato nuovo alle cose, rileggendole e interpretandole insieme. Come in un atto creativo, poetico, che ci consente di guardarci dentro, di dare un nome ai nostri disagi, di trovare il nostro equilibrio imparando a crescere.
Maria Luisa Giannattasio
